11 Giu 2020

Le migrazioni che verranno

Un nuovo naufragio al largo della Tunisia fa strage di donne e bambini. La ripresa degli sbarchi dopo il periodo di lockdown coglie impreparata l’Europa, ancora alla ricerca di una strategia comune. Molte donne, alcune delle quali incinte, e bambini. Nessun superstite. È il bilancio del naufragio avvenuto al largo delle coste della Tunisia tra […]

Un nuovo naufragio al largo della Tunisia fa strage di donne e bambini. La ripresa degli sbarchi dopo il periodo di lockdown coglie impreparata l’Europa, ancora alla ricerca di una strategia comune.

Molte donne, alcune delle quali incinte, e bambini. Nessun superstite. È il bilancio del naufragio avvenuto al largo delle coste della Tunisia tra il 4 e il 5 giugno. A bordo c’erano 53 persone, tutte originarie dell’Africa Subsahariana, e un tunisino probabilmente al timone dell’imbarcazione partita da Sfax in direzione di Lampedusa. Complice la bella stagione, in cui statisticamente il numero di partenze aumenta, e il lockdown che in molti paesi emergenti ha significato più precarietà e minori prospettive di crescita, i flussi irregolari rischiano di intensificarsi. Secondo dati dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati e il Viminale dall’inizio dell’anno nel nostro paese sono arrivate via mare 5472 persone: il triplo rispetto a un anno fa e le partenze dalla Tunisia sono aumentate del 156%. In tantissimi sono spinti da una situazione economica che ha provocato il collasso del turismo. Puntano all'Europa, dopo aver perso il posto di lavoro. In questo scenario si inserisce la Libia, e il rischio di un esodo più volte annunciato durante il conflitto tra l'esercito di Fayez al Serraj e del generale Khalifa Haftar. Inoltre, poiché la nuova missione europea nel mediterraneo Irini, non ha tra le sue finalità quella di ricerca e soccorso dei migranti, il rischio di omissione di soccorso e di respingimenti illegali è sempre più alto.
 

Che impatto ha (e avrà) il covid sulle migrazioni?

La risposta a questa domanda è contenuta nel rapporto Europol, European Migrant Smuggling Center (EMSC), pubblicato il 15 maggio: “L’instabilità economica prolungata e la persistente mancanza di opportunità in alcune economie africane potrebbero innescare un’altra ondata di migrazione irregolare verso l’Ue nel medio termine”. Non si tratta quindi solo di ipotizzare l’arrivo di quanti non sono riusciti a muoversi durante il blocco, ma di nuovi flussi causati dal virus.
Negli ultimi mesi, inoltre, col blocco aereo e i controlli alle frontiere, le rotte terrestri e marittime dei migranti irregolari si sono rafforzate. Dal 1° gennaio al 5 giugno, secondo il Viminale, c’è stata una vera impennata rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In questi 5 mesi gli arrivi sono stati 5.472 contro i 2144 dello stesso periodo del 2019. Un movimento che non avviene soltanto via mare: gli ingressi si sarebbero intensificati anche nelle regioni del Nord Italia, seguendo la rotta dei Balcani dove i migranti vengono fatti passare di nascosto, in modalità molto rischiose sui treni o all’interno di veicoli adibiti al trasporto delle merci.

 

 

Una proposta dai paesi in prima linea?

E se Bruxelles non trova un compromesso per una strategia comune di gestione dei flussi, per la prima volta i paesi ‘in prima linea’, Cipro, Grecia, Malta e Spagna, hanno presentato una proposta comune sulla riforma del regolamento di Dublino sull’asilo, arenatasi sulla spinosa questione delle quote e della redistribuzione dei migranti. Ai firmatari si aggiunge la Germania, che da luglio ricoprirà la presidenza di turno Ue, e che ha fatto sapere alla Commissione Von der Leyen di voler chiudere la riforma – che considera prioritaria – entro fine anno. Non a caso da mesi la cancelliera ripete che l’Italia, come gli altri paesi ‘di approdo’, non possono più essere lasciati da sole. Tuttavia, la resistenza del blocco di Visegrad rimane forte. Il piano prevede la redistribuzione obbligatoria dei migranti che sbarcano a seguito di operazioni Sar (Search and rescue); l’adozione di un sistema comune per i rimpatri; linee guida per l’attività di ricerca e soccorso in mare da parte delle imbarcazioni private; il superamento del criterio di responsabilità del paese di primo ingresso, per il quale restano in vigore soltanto le procedure di pre-screening per i necessari accertamenti sanitari e di sicurezza; l’adozione di un sistema di asilo che tuteli i diritti prevenendo gli abusi; il rafforzamento delle politiche di collaborazione con i paesi terzi, in particolare con quelli del Nord Africa e del Medio Oriente.

 

Migranti: prossima sfida Ue?

La partita in Europa sarà lunga, e richiederà negoziati e inevitabili compromessi. Allo stato attuale il rischio è che il dossier migranti si sovrapponga a quello per il Recovery Fund, il piano per il rilancio dell’economia europea. Un intreccio che potrebbe rivelarsi fatale, considerato che il blocco di Visegrad e i “frugali” del Nord Europa, potrebbero fare fronte comune, prendendo ‘in ostaggio’ entrambe le proposte per ottenere più concessioni possibili. Per questo è probabile che Bruxelles possa rinviare la pubblicazione della sua proposta a metà luglio, dopo l’approvazione del Recovery Fund. Ma una volta superate le questioni economiche, il capitolo migrazioni sarà il prossimo in agenda. E pensare che mai come in questo periodo, con la pandemia e il conseguente lockdown, è diventato evidente come produzioni essenziali, come quella agricola, dipendano dal lavoro di manodopera straniera. Non si tratta di una specificità italiana: basti pensare che, pur essendo il 3,4 % della popolazione mondiale, i migranti contribuiscono per circa il 10% del PIL globale. Una ricchezza che si concentra per il 90% in paesi occidentali.

Il commento

Di Matteo Villa, ISPI Research Fellow, Programma Migrazioni

"Quello che è successo in questi giorni è la dimostrazione che neppure la paura di COVID-19 ha ridotto la volontà di arrivare in Europa con ogni mezzo, anche il più insicuro. La spinta a partire è troppa, e a farne le spese continuano a essere i più deboli.
La ragione è che neppure COVID-19 può cancellare le cause di questi spostamenti: migrazioni forzate o viaggi della speranza che siano, si continua a voler raggiungere l'Europa. E se l'Europa continua a ridurre i canali regolari, quest'estate sarà inevitabile vedere sempre più barconi nel Mediterraneo. Con il rischio di nuove tragedie."

 

 

 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)

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